Collettivo Ginsberg “Tropico”
Data di uscita: 30 settembre 2016
Etichetta: IRMA/L’Amor Mio Non Muore
(press page riservata alla stampa – DA NON PUBBLICARE)
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TROPICO
Il Collettivo Ginsberg torna sulla scene dopo circa tre anni di silenzio. La visionaria band romagnola pubblicherà il 30 settembre il nuovo album “Tropico“, coproduzione tra IRMA Records e L’Amor Mio Non Muore. “Tropico” nasce da una “visione”: vedere la gente ballare, ballare e cantare. Se il precedente “Asa Nisi Masa” (Seamount Productions, 2013) è stato un viaggio oscuro dentro l’animo umano, il nuovo lavoro discografico vuole essere una riscoperta del mondo, una interazione con lo stesso, una laude alla natura, un rito antico: il ballo e il canto intesi come crinale espressivo del sentimento personale. “Tropico” diventa così un luogo privato, un’idea di luce oltre l’orizzonte.
Musicalmente, la tavolozza sonora dipinta dal Collettivo Ginsberg è come sempre molto ricca e variegata. Un viaggio che accosta il mambo voodoo di Perez Prado al funk di Miles Davis, l’esotismo di Yma Sumac ad influenze mediterranee alla Mustafa Kandirali, il rhythm and blues di Screamin Jay Hawkins al samba di Milton Nascimento e, passando attraverso i ritmi dell’Africa Nera, si torna a casa dove la canzone italiana Anni ’60 (Dalla e Battisti su tutti) marca il territorio a batter di mani.
Dal punto di vista lirico, vi è sempre la componente cut-up (aspetto peculiare dei testi della band), ma in maniera meno invasiva rispetto al lavoro precedente. Alcuni testi risalgono addirittura al 2009, altri sono invece di più recente stesura, anch’essi limati a puntino per coglierne i pathos melodici in comunione con le musiche stesse. Tre testi su dieci sono invece di altri autori: due poesie dialettali (“Metti che” / Mett – Raffaello Baldini e “La notte del mondo” / Int La Nota De Mond – Aldo Spallacci) ed il terzo (“Danza macabra”), in italiano, è la riduzione in musica di uno scritto inedito ben più lungo ad opera di Andrea Mandolesi (La Danza Macabra).
Quasi tutta la produzione dell’album si è svolta presso lo studio L’Amor Mio Non Muore registrando totalmente in analogico e utilizzando uno Studer 8 canali. La produzione artistica è affidata a Marco Bertoni (Confusional Quartet).
La bellissima copertina è un olio su tela opera di Domenico Demattia, dal titolo “Safari”.
TRACKLIST
1. Con due monete
2. Metti che
3. Primavera mambo
4. La strada dei mulini a vento
5. Portami con te
6. Lingua di luna
7. Nella notte del mondo
8. L’estate di San Martino
9. Visioni a colazione
10. Danza macabra
CREDITS
Produzione artistica Marco Bertoni e Collettivo Ginsberg.
Registrato a L’Amor Mio Non Muore – Sala d’Incisione (Forlì) da Roberto Villa e Marco Bertoni.
Chitarre e tastiere utilizzano amplificatori Lombardi, contrabbasso elettrico amplificatori Davoli.
Missato e masterizzato da Marco Bertoni a Ghee Studio (Bologna).
Ospiti:
Gianluca Chiarucci – percussioni (#3 #10)
Marcello Detti – trombone (#1 #3 #6 #7 #8 #10)
Marco Frattini – percussioni (#8 #10)
Giovanni Pistocchi – vibrafono (#9)
Andrea Rocchi – chit. dobro (#2 #6 #7 #10)
Roberto Villa – sax tenore (#1 #3 #6 #7 #8)
Gaia Mattiuzzi – voce (#8 #9)
In copertina: Domenico Demattia, SAFARI, olio su tela, 2015, collezione privata
Design: Luca Scarpellini (Creativity Network Management)
Foto: Sonia Formica (Studioblò)
Collettivo Ginsberg:
Cristian Fanti (voce)
Alberto Bazzoli (tastiere)
Gabriele Laghi (contrabbasso)
Eugenioprimo Saragoni (batteria, percussioni)
Riccardo Morandini (chitarre).
TRACK BY TRACK
CON DUE MONETE
Musicalmente è il brano è stato pensato e costruito sulla falsa riga di “I put a spell on you” di Screamin Jay Hawkins e racconta il lamento di un cane nei confronti del cane compagno di sempre. Si tratta di Jack (il più anziano, un malamute) e Jimi (un husky), i due cani della nostra prima sala prove. Jimi fu avvelenato da qualche vicino e Jack morì, esattamente tre mesi dopo, di dolore e di solitudine.
METTI CHE
Il testo è l’interpretazione di una poesia dialettale di Raffaello Baldini e nella sua brevità magnifica si pone l’interrogativo sulla fine del mondo, con quella semplice e pura ingenuità caratteristica delle classi contadine di una volta. Il finale è assolutamente emblematico, la personificazione del tempo e la domanda “Andrà ancora avanti? Da solo? E dove andrà?” evidenziano una spetto realmente poetico: rimasto solo, senza più la terra, il sole, le stelle, la luna, solo nel buio eterno, il tempo, dove andrà?
PRIMAVERA MAMBO
La struttura musicale è stata costruita su un mambo tratto da “ Voodoo Suite” di Perez Prado dove, nella seconda parte delle strofe, abbiamo invece inserito il riff di “Honky Tonk” di Miles Davis. Il testo è stato costruito partendo da alcuni passi di “Primavera Nera” di Henry Miller ed è una dichiarazione d’intenti nei confronti di un mondo che inesorabilmente cambia, con un sentimento tanto rabbioso quanto impotente. Questo brano ha dato l’input al lavoro, in particolar modo alla ricerca e alla scelta delle ritmiche utilizzate poi in “Tropico”.
LA STRADA DEI MULINI A VENTO
Il testo risale al 2009, è stato scritto durante il mio soggiorno a Londra, abitavo a sud-ovest in Windmill Road, da cui poi ne viene il titolo. Ricordo che in quei giorni uscì “Together through life” di Bob Dylan e rimasi particolarmente colpito dalla prima traccia “Beyond here lies nothin”, l’ho ascoltata talmente tanto che ha decisamente influenzato la stesura del testo stesso. Questo è forse il brano più introspettivo di tutto il disco e affronta il tema della solitudine metropolitana, il vivere in un luogo affollato, nuovo e sconosciuto, dove gli affetti cari sono lontani e l’esser soli si riempie di quesiti esistenziali il cui solo pensiero colma il vuoto del quotidiano.
PORTAMI CON TE
Questo brano è un esempio lampante di come, a volte, la gestazione di una canzone richieda anni. La struttura armonica risale al 2003; il vecchio testo inglese è stato poi sostituito con uno nuovo in italiano, scritto sempre nel 2009 durante il periodo londinese. È una canzone d’amore, quasi una preghiera, una supplica rivolta all’amato/a. Il brano contiene una citazione appena prima del solo di pianoforte, si tratta di Something (Beatles).
LINGUA DI LUNA
Il testo è forse uno dei più ermetici dell’intero album, anche se è sempre ben lampante la duplicità dei soggetti coinvolti nel racconto, la voce narrante e un secondo soggetto femminile che viene accostato, a fine testo, alla Vergine Maria. L’elemento sacro/religioso è sempre stato molto importante per la creazione dei testi, tanto che non è la prima volta (in “Danza Macabra” vi è un secondo richiamo alla figura mitologica della Madonna) che viene utilizzato come termine di paragone per descrivere un rapporto sentimentale.
NELLA NOTTE DEL MONDO
Nella notte del mondo non è altro che l’interpretazione in musica di una componimento di Aldo Spallicci titolato “Int la nòta de’ mónd”, una poesia che ho trovato in una rivista di cultura locale e poi più, da nessun’altra parte nemmeno nelle antologie dedicate. Abbiamo pensato di non inserire anche in questo brano un solo e quindi si è scelto di affidare a due campionamenti sovrapposti la parte centrale del pezzo: il primo è la voce di Abbey Lincoln che interpreta “Driva Man” tratta da “We Insist! Max Roach’s Freedom Now Suite” del 1964; il secondo sono dei cori tratti da “Voodoo Suite” di Perez Prado (1955).
L’ESTATE DI SAN MARTINO
Il titolo L’estate di San Martino si riferisce al periodo che la tradizione indica come l’11 novembre, dove – un detto popolare dice – “Par Sa’ Marten arvès la bóta e sent e’ ven” (A San Martino apri la botte e senti il vino). Ricordo che, riguardo il testo, tutto partì dal proverbio appena citato e da un’altra frase in dialetto, scovata chissà dove, non ricordo, o forse solo sentita pronunciare: “La vita l’éra dura e neca tresta, chisá parchè a m’arcord ch’us rideva” (La vita era dura e triste, chissà perchè mi ricordo che si rideva).
VISIONI A COLAZIONE
Il breve testo parla di un soggetto che, seduto al tavolo di un bar, guarda fuori e aspetta qualcuno, o forse non lo aspetta realmente, ma lo aspetta comunque per ore e nell’attesa solitaria, un bicchiere dopo l’altro, il suo pensiero si fa visione, mentre la gente che passa, vanitosa, si specchia dovunque e lui li vede in volto, da dietro il vetro, e li odia, in silenzio, nascosto dietro i fumi dell’alcol.
DANZA MACABRA
Il brano che chiude il disco è stato anche l’ultimo ad essere lavorato in pre-produzione. Si tratta di un testo scritto da un amico, Andrea Mandolesi, e affronta tre scene classiche della rappresentazione della Danza Macabra in cui si sviluppa un dialogo tra l’Uomo (rispettivamente il soldato, il bevitore e il suicida) e la Morte. Nelle strofe, nei primi quattro versi parla l’Uomo, negli ultimi quattro è il turno della Morte. Musicalmente apre e chiude con una melodia che ha un sapore molto mediterraneo, per poi svilupparsi in un samba alla Milton Nascimento che apre, incalzante, nel ritornello.
BIO
Collettivo Ginsberg è un progetto nato nel 2004. Per raccontare una dozzina d’anni per fatti sommari e avvenimenti ciclici è utile affrontare tre concetti: il termine collettivo definisce la pluralità delle persone, dei musicisti, degli artisti collaterali che hanno condiviso il progetto; il nome Ginsberg riflette la ricerca di uno stile letterario ben definito, con richiami a contenuti onirici e riflessivi, dalla poesia beat ai poeti dialettali romagnoli; la musica ha radici profonde e articolate, mulatte, guarda alla tradizione come fonte d’ispirazione per creare qualcosa di nuovo, liberamente, senza legami stilistici o di genere. Dal 2004 al 2010 la band – un quartetto, poi allargato – muove i primi passi e incide due dischi autoprodotti: I refuse to give up my obsession e Pregnancy.
Nel 2011 la formazione cambia e si apre una nuova fase e, dall’incontro col produttore Marco Bertoni, nascono le session di registrazione che daranno luce ai brani di De La Crudel † EP (CD, 2012) e Asa Nisi Masa (LP/CD, 2013) pubblicati dall’etichetta londinese Seamount Productions. L’obiettivo era lasciare alle spalle il solco di quella tradizione blues/autoriale in favore di un maggiore sperimentalismo che mettesse insieme da un lato un tappeto sonoro di matrice no wave/voodoo/jazz, dall’altro la tecnica del cut-up. Un mix che rende i dischi dei collage musicali e letterari, debitori verso quelle influenze beat/dadaiste da sempre care. Questa nuova fase di scrittura in italiano e dialetto romagnolo arricchisce di significato le musiche; i testi accostano brandelli di scritti originali a brandelli di altri autori così da assumere una nuova valenza descrittiva e semantica. Uno scrittore non possiede le parole più di quanto un pittore possieda i colori (William Burroughs).
Un debutto ufficiale che ha incuriosito pubblico e stampa: “Se i Doors fossero nati in questi anni e avessero scritto in italiano, probabilmente un loro disco suonerebbe così. Asa Nisi Masa va ascoltato attentamente e a volume importante.” (Rumore, 5/12/13).
Parole profetiche tanto che il Collettivo ha l’onore di interpretare The Celebration of the Lizard, arrangiata e proposta in italiano per l’evento in esclusiva nazionale con John Densmore: “The Jim Morrison Legacy” (24/04/2014, Università per Stranieri, Perugia). La Celebrazione della Lucertola – live, pubblicata ad ottobre 2014, chiude simbolicamente i primi tre anni del nuovo corso fatto di concerti, di strade, collaborazioni (Tim Roeloffs – Artworks, Alessandro Di Renzo – How To Cut Up Project), nuova gente e una punta di tv (Cool Tour Aftermidnite – RAI5). A febbraio 2015 iniziano ufficialmente i lavori per il nuovo disco (Tropico) che vedrà la produzione artistica affidata nuovamente a Marco Bertoni.
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