The Hangovers – Different Plots

Uscita: 3 settembre 2015

Etichetta: Unhip Records

Distribuzione: Audioglobe

Gioioso hooliganismo alcolico e nichilista…

(press page riservata alla stampa – DA NON PUBBLICARE)

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DIFFERENT PLOTS

Dopo anni di memorabili concerti su e giù per l’Italia che hanno consacrato i The Hangovers come una delle migliori e più coinvolgenti party band della penisola, ecco che il gruppo bolognese fa ora il suo esordio discografico con “Different Plots“, in uscita il 3 settembre per Unhip Records. Un disco dalle molte anime e dalle mille sfaccettature, bilingue (i primi cinque brani sono in italiano, gli ultimi cinque in inglese), fresco, solare, in grado di far ballare e cantare spensierati ma anche di far riflettere ed emozionare. Un disco che rispecchia in pieno la natura scanzonata e multietnica dei quattro musicisti.

Prodotto da Lorenzo Montanà (Tying Tiffany, Immanuel Casto) e registrato presso il Loto Studio da Gianluca Lo Presti (Simona Gretchen, Caron Dimonio, Delenda Noia), l’album è un viaggio che ogni componente della band ha percorso a ritroso per rivivere le emozioni legate alle prime esperienze, ai primi contatti musicali. Un iter che, viste le diverse nazionalità dei membri della band, si disloca tra ricordi ed emozioni a tinte anglosassoni, reminiscenze di viaggi nelle campagne olandesi ed interminabili ore di automobile verso torride mete estive dell’Italia degli anni ’80, unico comune denominatore: la musica. Le colonne sonore allora scelte dai genitori, e qui rievocate, sono perciò Zucchero, The Who, Bob Dylan, De Andrè, Johnny Cash, De Gregori.

The Hangovers è quello che i quattro ragazzi sono nel profondo del loro intimo, unito a sogni e sensazioni imposte da un mondo musicale globalizzato, dove le lunghe autostrade della Death Valley sembrano poterci portare fin sotto casa. Questo senza dimenticare mai il dogma Felliniano, “The more you are national, the more you are international”, dogma che insegna a parlare al mondo con un linguaggio proprio, sicuramente influenzato dall’esterno, ma mai teso a scimmiottare o imitare il prossimo, in questo caso la musica d’oltremanica o americana.

I 10 brani dell’album scorrono velocemente (immersi fin nel midollo di quelle sonorità “grunge caraibiche” che rappresentano il marchio di fabbrica del gruppo) ma lasciano comunque un forte segno: cinismo, ingenua felicità, piacere della nostalgia, rimorso e speranza si mischiano dando vita ad un volto dai tratti somatici maturi, maturità che forse è in grado di fare apprezzare in modo ancora più spensierato, profondo e autoironico la vita.

“Abbandonare le proprie radici per riabbracciarle,
intrecciandole con tutto quello che si è vissuto e ascoltato nel lasso di tempo tra adolescenza e maturità”.

CREDITS ALBUM
Voce, trombe e chitarra: Victor M. de Jonge
Basso e voce: Tristan Vancini
Chitarra e voce: Filippo de Fazio
Percussioni e voce: Michele Mantuano

Prodotto da Lorenzo Montanà
Registrato al Loto Studio da Gianluca Lo Presti
Mixato e masterizzato da Lorenzo Montanà e Gianluca Lo Presti

TRACKLIST
1. Invece no
2. Un anno fa
3. Qui da me
4. Postumi della viltà
5. Ogni sera
6. Sinner
7. It’s On
8. I’am All Right
9. Curse the Day
10. Different Plots

IL VIDEOCLIP “QUI DA ME”

Affidato alla Hawkward Films, il video descrive in 3 minuti l’intero mood che impregna il brano e l’album. Ambientato in più locations, il video è in grado di descrivere le diverse anime del gruppo: si passa infatti da un live sold out ad un’intima festa ambientata a casa del cantante, passando attraverso una street session avvenuta davanti al bar degli amici di sempre. Girato in parte in VHS, il video vuole essere un omaggio rievocativo del cinema degli anni ’90: una sorta di college party ripreso da Quentin Tarantino, autoironico, spontaneo, malinconico, ma allo stesso tempo molto allegro.

CREDITS VIDEO

Produzione: Hawkward Films
Regia e fotografia: Andrea Vespignani
Camera: Lorenzo Anceschi, Andrea Vespignani

TRACK by TRACK by The Hangovers

01 Invece no
La canzone, dal chiaro carattere new folk, nasce in un momento di sincero dolore (la fine di una lunga relazione) e di un’obbligata riflessione sulle cause e sulle colpe di questa rottura. Si passa perciò da uno stato di incarnazione dello sbagliato ad una serena accettazione dei propri pregi e difetti, arrivando a riabbracciare, con una punta di orgoglio, la propria identità. La dolcezza del passato che non ci sarà più non deve essere per forza messa in discussione, ma le visioni del futuro vanno costruite su un presente comune e complice.

02 Un anno fa
A volte, a malincuore, ci vuole durezza e un po’ di sana spacconaggine per interrompere un rapporto prima che sia troppo tardi.

03 Qui da me
Il primo singolo estratto dall’album è un inno al dubbio che trova certezza nei punti fermi della vita delle persone: gli affetti e il passato come strumento per l’affermazione del proprio “Io” nel presente. Impregnato di romantico nichilismo, “Qui da me” descrive perfettamente il rapporto tra l’intimo significato dietro alle produzioni dell’artista e la percezione che il prossimo ha di esse. È un brano semplice, dove in molti si potranno riconoscere, ma che tratta in modo diretto e profondo il tema del sapere capire ed ascoltare il prossimo, affrontando in modo consapevole ma velato il primordiale significato dell’arte, ovvero trasporre sé stessi onestamente nelle opere che si compongono e interpretano, senza temere il giudizio altrui. Da un punto di vista musicale si segnalano note di De Gregori che abbraccia ubriaco Paul Simon.

04 Postumi della viltà
Spesso scappare fisicamente da un luogo per lasciarsi alle spalle errori o fallimenti rischia di aggravare e cristallizzare le situazioni irrisolte.

05 Ogni sera
Un vero e proprio inno al bere, al piacere di ritrovare, verso l’imbrunire, il fedele bicchiere e, di conseguenza, il buonumore. Il forzato periodo di astinenza alcolica dovuto al ritiro della patente, hanno messo alla dura prova la volontà di uscire di casa. Che non succeda mai più.

06 Sinner
Nessuno è innocente, prenditi del tempo per riflettere con umiltà su ciò che fai ed hai fatto. E ricorda che la competizione non è tutto. Musicalmente è il tipico esempio di “grunge caraibico”.

07 It’s On
La figa ti regala l’eternità. E il conoscere una nuova ragazza riaccende il fuoco della vita e ti fa venire voglia di ballare. Queste le basi sulla quale nasce la canzone, su quell’adolescenziale sensazione di vertigine che si prova nell’approcciare una persona sconosciuta, nel tuffarsi in sincro nell’acqua illuminata dalla luna e nel brillare insieme nella più profonda intimità. It’s On, si è accesa la radio, e la musica arriva dalle spiagge solitarie del Messico.

08 I’m All Right
È davvero giusto lasciarsi? Sto davvero bene?

09 Curse the Day
Canzone di morte, smarrimento, sofferenza, in un’insolita atmosfera country USA.

10 Different Plots
Canzone sul cambiamento e sul guardare improvvisamente con ottimismo nuovi scenari che ribaltano situazioni date per scontate ma in realtà non più necessarie. Anche la musica rispecchia questo cambiamento, cupa la prima parte, aperta e solare la seconda.

BIOGRAFIA

The Hangovers sono una band bolognese che è nata, come spesso capita con le cose migliori, un po’ per caso e un po’ per gioco.
Victor de Jonge, cantante e chitarrista ritmico della band, è stato il cantante delle Braghe Corte, band ska-rock che ha avuto il suo maggior successo agli inizi degli anni 2000, e proviene da una famiglia olandese trapiantata a Bologna dove la musica è sempre stata ascoltata e suonata. Entrambi i suoi fratelli maggiori sono musicisti e quindi la sua vena musicale ha avuto terreno fertile nella loro casa di Via Mascarella.

Parallelamente allo ska-rock e alla musica degli anni 90, Victor ha sempre avuto un debole per la musica d’oltre Manica e in particolare per tutto quello proveniente dai Beatles. Questa sua passione, che in quegli anni veniva chiamata Britpop, era la stessa di Tristan Vancini, amico inglese del fratello di Victor, Peter e più impegnato a dipingere graffiti sui treni piuttosto che a suonare seriamente il suo basso.

Arrivato il tempo dell’università i due andarono a vivere, insieme ad altri universitari, a Milano. Victor era impegnato al Politecnico tra rendering in 3D e numerose rimpatriate a Bologna nei week end per i concerti delle sue Braghe Corte, mentre Tristan aveva tarato la sua vena vandalica dai treni bolognesi alla metropolitana meneghina. Squattrinati e non particolarmente attratti dalla movida milanese, i due amici passarono quattro anni della loro vita a suonare le loro canzoni preferite davanti ad amici dell’università tra numerosi bicchieri di vino e altrettanti spinelli. In quegli anni crearono inconsapevolmente un loro stile, tra un pezzo di Bob Dylan e uno degli Oasis maturarono e crearono le basi di quello che poi diventeranno The Hangovers.

Finita l’università Victor tornò a Bologna, mentre Tristan rimase a Milano. Tra problemi di droga e fidanzate sbagliate i due si allontanarono per poi ritrovarsi un paio di anni dopo quando nel 2010 i ragazzi del Peacock, che allora gestivano le serate al giardinetto Pincherle dietro a Via Marconi, chiamarono al telefono Victor proponendogli di suonare un live in acustico con le Braghe Corte. Lui di risposta declinò ma propose invece di venire a suonare un paio di pezzi con un suo amico, Tristan. Pochi giorni prima del concerto un amico un po’ tamarro del fratello di Tristan di nome Filippo de Fazio si propose di accompagnarli durante il live con la sua chitarra. La serata fu un successo e arrivarono velocemente altre richieste di concerti in giro per la città. La formula era vincente: basso, due chitarre e tre voci, poca strumentazione e dove li mettevi loro suonavano facendo ballare la gente sui tavoli. Mancava solo un batterista.

Filippo, che tutti però chiamano “Face”, è stato un bimbo prodigio, ospite a otto anni da Mara Venier con il suo gruppo “Latte Rock”, ma ben presto ha iniziato a trovare più interessante ballare e scatenarsi tutte le sere in riviera piuttosto che allenarsi in garage con la sua chitarra elettrica. La musica però è qualcosa che ha sempre avuto dentro e negli anni ha sempre suonato in gruppi punk rock della città tra cui i No Thanx, band che fece da spalla anche a qualche concerto delle Braghe Corte. In questa formazione, alla batteria, suonava Michele Mantuano, uno del Mazzini cresciuto a pane, Metallica e Beatles.

“Face”, dopo il primo concerto con Victor e Tristan, chiamò immediatamente Michele e gli propose di suonare con loro nelle vesti di percussionista: gran cassa, cembalo, due bonghi e il gioco era fatto. Michele spesso si definisce più un chitarrista che un batterista, ma il ritmo che ha nel sangue e che esce durante i suoi concerti non lascia dubbi: insieme a Tristan ha creato quel “groove” inconfondibile che ogni volta che ascoltiamo un concerto degli Hangovers non riusciamo a stare fermi.

Gli Hangies, così vengono chiamati dai loro amici, hanno iniziato suonando grandi classici internazionali come Brown Eyed Girl di Van Morrison o Cocaine Blues di Johnny Cash, ma hanno anche cavalcato hit contemporanee come Ho Hey dei Lumineers o I’m Yours di Jason Mratz. Ora hanno finalmente deciso di fare il grande salto suonando un album di solo loro pezzi, alcuni in inglese e alcuni in italiano.

FOTO PROMOZIONALI

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